venerdì 22 febbraio 2008

60.mo anniversario dello Statuto Speciale

Intervento pronunciato in Consiglio regionale dal rappresentante della Casa della Libertà Dario Frassy, in occasione della celebrazione del 60.mo anniversario dello Statuto di Autonomia.

Oggi nel celebrare i 60 anni dello Statuto Speciale di Autonomia, sancito con legge statale costituzionale n. 4 del 26 febbraio 1948, non possiamo non notare l’assenza dello Stato nelle sue istituzioni politiche più rappresentative. Due anni fa celebrando in quest’aula il 60.mo anniversario dell’insediamento del primo Consiglio Valle, l’allora governo di centrodestra presieduto dall’On. Berlusconi ci onorò con la partecipazione del Presidente della Camera dei Deputati; presenza non formale, ma reale sentire politico evidenziato e testimoniato dal “principio dell’intesa” contenuto nella riforma costituzionale poi bocciata dal referendum e avversata dalle forze autonomiste. Paradossi della politica! Oggi, nella concomitanza di una legislatura nazionale anticipatamente giunta al termine, il dimissionario governo di centrosinistra ignora totalmente questa altrettanto importante ricorrenza della storia contemporanea della Valle d’Aosta. Non ci stupiamo, peraltro, più di tanto, visto l’atteggiamento di completa chiusura – per non dire di ostilità - dimostrato in questi due anni a Roma dal Governo di centrosinistra, appoggiato ciononostante – spesso in maniera determinante - dai due parlamentari eletti nella nostra regione.
Sessant’anni di intensi mutamenti sociali ed economici sono passati da allora e il quadro politico amministrativo è lontano anni luce da quel periodo, che sembra molto più lontano nel tempo. Non c’erano allora le regioni ordinarie, che ora rivendicano anch’esse maggiori autonomie, non c’era l’Unione Europea con le sue regole spesso bizzarre e sovente poco propense a considerare le “particolarità”. Lo stesso Stato nazionale è cambiato e con esso è stato modificato il suo atto di nascita: la Costituzione. La riforma del titolo V ha riscritto in chiave federalista-autonomista la fisionomia dello Stato, che da entità assorbente e unica titolare della potestà di decentramento politico-amministrativo è diventato entità composita, tant’è che ora l’art. 114 della Costituzione definisce la Repubblica Italiana formata dai Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni, e Stato.
Nonostante questo nuovo clima, la regione Valle d’Aosta non è ancora riuscita a portare a conclusione una proposta di aggiornamento del suo Statuto di autonomia. Negli ultimi quindici anni nonostante la stabilità della maggioranza politica regionale - egemonizzata dall’Union Valdotaine, forza autonomista per antonomasia - ben tre tentativi di riforma sono naufragati nel nulla; l’ultimo pochi giorni fa. La nostra Regione, antesignana dell’autonomia praticata sin dal 1191 con la Carta delle Franchigie riconosciuta dal conte Tommaso 1° e proseguita nel 1536 con la costituzione del Conseil des Commis, sembra aver perso la spinta propulsiva della propria coscienza autonomista.
Tra le cause del naufragio della Convenzione per la riforma dello Statuto l’incapacità delle forze cosiddette autonomiste di capire che l’Autonomia rivendicata ed ottenuta da Roma non può fermarsi ad Aosta in piazza Deffeyes. Chi continua a frapporre ostacoli alla creazione di un sistema delle autonomie in Valle d’Aosta, ritenendo i Comuni incapaci a praticare quote di autonomia in un contesto di riconoscimento statutario, sta facendo una battaglia di retroguardia in contrasto con lo spirito dell’Autonomia e non si è accorto che un tale riconoscimento di principio è già contenuto nell’art.114 della Costituzione italiana.
Essere autonomi vuol dire sicuramente avere maggiori competenze legislative, ma ciò non può ridursi ad una mera ridistribuzione di uffici, di personale, di appalti e di consulenze. Autonomia significa soprattutto creare i presupposti affinché la comunità valdostana possa crescere e progredire attraverso l’incentivazione della libera ed autonoma iniziativa; significa fare del proprio territorio una realtà aperta - in termini culturali, di idee e di conoscenze - in grado di restituire alla Valle d’Aosta un proprio ruolo sullo scenario nazionale e transalpino.
Evidente è l’incapacità della classe che ha governato negli ultimi vent’anni di dare risposte politiche nuove e moderne alle aspettative della comunità valdostana, attraverso un nuovo Statuto, inteso come fonte dei principi e delle competenze per il governo del territorio valdostano, come regolatore dei rapporti con Roma e con Bruxelles, come snodo tra l’Amministrazione regionale e quelle comunali. Di fronte all’impotenza di incidere nei contenuti ci si accontenta così di trastullarsi con le codifiche araldiche: stemmi, stendardi, onorificenze e inni. Smettiamola – colleghi consiglieri - di “giocare”! Nel sessantesimo anniversario è ora di dimostrare che siamo cresciuti e non semplicemente invecchiati!
Oggi in Valle d’Aosta siamo tutti autonomisti! L’autonomia è ormai patrimonio condiviso di tutta la comunità valdostana. La sfida politica non può più essere giocata su chi è più autonomista, bensì sui contenuti da dare all’Autonomia stessa. Ed è con questo spirito che l’area politica che io ho qui l’onore di rappresentare – il centrodestra del Popolo della Libertà – si appresta a confrontarsi nell’imminente momento elettorale e ad impegnarsi nella prossima legislatura. Da lunedì mattina – chiuse le celebrazioni per l’Autonomia durate ben quattro anni - la vera sfida, per far crescere la Valle d’Aosta nell’Autonomia e con l’Autonomia, non è nel nostalgico slogan “Toujours soixantième”, bensì nel dare un futuro al passato! Un passato ricco non solo di ricordi, ma anche di valori e principi, che, nonostante la loro attualità, sembrano – nella nostra regione – essere stati smarriti.

sabato 9 febbraio 2008

interpellanza: perdite delle società partecipate dalla Regione

Aosta, 8 febbraio 2008

Prendendo atto del rapporto pubblicato il 22 gennaio 2008 da Unioncamere, l’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, intitolato “Mappa del capitalismo pubblico sociale”;

apprendendo che, sulla base dei dati pubblicati, appare un quadro desolante dei risultati dell’intervento pubblico locale nell’economia nel nostro Paese, poiché il 37% delle società controllate dagli Enti Locali (Comuni, Province, Regioni e Comunità Montane) ha chiuso l’esercizio 2005 in passivo, con un miglioramento medio marginale (erano il 38% nel 2003);
considerato che nel Centro-Nord il dato medio è del 35% di società in perdita (erano il 36% nel 2003), e nel Sud del 46%, contro il 45% nel 2003;

tristemente rilevando che, fatta eccezione per il Molise, la Valle d’Aosta è la Regione italiana con i peggiori risultati (68% di società in perdita);

rilevando altresì che questo pessimo risultato, confrontato con il 2003 (53%) dimostra come l’economia pubblica in Valle d’Aosta stia letteralmente precipitando;
ricordando che il dato Unioncamere denuncia uno stato pre-comatoso della nostra economia pubblica regionale;

rammentando che ai sensi dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) la Regione dovrà cedere le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27;

il sottoscritto Consigliere interpella l’Assessore competente per conoscere:

1) quali siano i dati del 2007 al netto di rifinanziamenti o aumenti di capitale sottoscritti per coprire perdite in sede di bilancio;

2) quali siano a suo avviso le cause di questo disastro economico;

3) in quali tempi e di quali società la Regione intenda dismettere le proprie partecipazioni ai sensi di legge;

4) se, stante il risultato fallimentare della sua azione in questa legislatura, non ritenga opportuno trarne le debite conseguenze, rimettendo la propria delega alle partecipazioni regionali.


Eddy Ottoz
(gruppo della Casa delle Libertà)

interpellanza: la pubblicità sui media

Aosta, 8 febbraio 2008

Avendo dovuto constatare con rammarico che nella seduta del Consiglio regionale di mercoledì 6 febbraio il Presidente ha dichiarato di non essere in grado di fornire in dati richiesti relativi alle ri-sorse finanziarie impegnate dell’Amministrazione nel campo della comunicazione attraverso i media;

ritenendo che l’attuale politica della Giunta in questo campo determini di fatto un deficit democratico, traducendosi in un non equo accesso di tutte le parti politiche ai mezzi di comunicazione;

sottolineando come sia altresì opportuno che, nella comunicazione locale, onde garantire una libera ed equilibrata informazione, i diversi mezzi di comunicazione possano accedere a risorse, siano esse contributi o acquisto di pubblicità, proporzionali alla loro diffusione e penetrazione sul mercato;

constatando la massiccia quantità di spazi pubblicitari acquistati dalla Regione e dai suoi Assessorati sui principali giornali e settimanali locali;

rimarcando come l’Assessorato alla Cultura si distingua in questo settore;

essendo evidente, pur tenendo conto della differente diffusione e penetrazione di ogni testata giornalistica, che la distribuzione di pubblicità regionale sulle stesse non segue un criterio oggettivo le-gato al rapporto costo/contatto;

il sottoscritto Consigliere interpella la Giunta per conoscere:

1) la distribuzione degli acquisti di pubblicità nel 2007 da parte della Regione, e il relativo fatturato, su ognuna cinque principali testate giornalistiche pubblicate in Valle d’Aosta (La Stampa edizione locale, La Vallée Notizie, La Gazzetta Matin, Il Corriere della Valle, Il Corsivo), con evidenziazione, per ognuna, della quota di acquisti effettuata dall’Assessorato alla Cultura e all’Istruzione;

2) quali siano di volta in volta i criteri e le garanzie di trasparenza nella scelta delle testate e della quantità di spazio pubblicitario su ognuna;

3) quali azioni intenda adottare, date le considerazioni in premessa, per riequibrare gli acquisti di spazi pubblicitari tra le varie testate.


Eddy Ottoz
(gruppo della Casa delle Libertà)

giovedì 24 gennaio 2008

lettera a La Stampa

Aosta, 24 gennaio 2008

Egr. Sig.
Direttore de La Stampa
Dott. Giulio Anselmi
via Marengo 32
10126 Torino

Egr. Sig.Caporedattore
La Stampa Valle d’Aosta Regione
Piazza Chanoux 28
11100 Aosta

Esprimo apprezzamento a nome del Gruppo La Casa delle Libertà – composto come notorio oltreché dal sottoscritto dai colleghi Massimo Lattanzi, Eddy Ottoz e Enrico Tibaldi – per lo spazio dedicato da La Stampa Valle d’Aosta Regione all'illustrazione della nostra proposta di legge sulla Casinò spa presentata ieri in conferenza stampa.

Debbo però, con altrettanta sincerità, esprimere lo stupore e il rincrescimento che tale notizia sia stata falsata nel presentare il nostro gruppo mutilato del collega Eddy Ottoz, che è stato omesso nella foto pubblicata, nella didascalia stessa e nel testo dell'articolo. Ho il sospetto – questa volta fondato - che nella redazione aostana si annidi qualche “spirito politico” poco liberale che a modo suo manipoli la comunicazione. Tale mia affermazione è suffragata dalla foto pubblicata, che scattata in conferenza stampa e dunque presenti tutti e quattro i componenti del gruppo, è stata deliberatamente tagliata. La notizia così pubblicata – la quale non solo ridimensiona numericamente il gruppo CdL, ma cancella anche il significato politico dell'adesione al gruppo a suo tempo data dal consigliere Ottoz, di area autonomista - tende a ridimensionare sia il nostro peso politico sia la nostra azione politica; in sintesi ci reca un danno di immagine.

Lungi da me la volontà di innescare polemiche pubbliche o riservate chiedo, oltreché una maggiore “vigilanza” sulla correttezza formale delle notizie pubblicate, di rimediare al “pasticcio” odierno pubblicando, nell'ambito delle cronache consiliari a cui domani sicuramente dedicherete ulteriore spazio, una foto con tanto di didascalia del nostro gruppo al completo e magari anche con la corretta denominazione: La Casa delle Libertà.

Ringraziando per l'attenzione e confidando nella vostra comprensione porgo cordiali saluti.

Dario Frassy

Capogruppo della Casa delle Libertà

giovedì 17 gennaio 2008

filibustering (come ti fottono)

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giovedì 10 gennaio 2008

10/1/2008 - due iniziative due: la prima

Aosta, 10 gennaio 2008
Interrogazione

Premesso che le risorse impegnate dall’Amministrazione nella comunicazione sono da considerarsi ad ogni effetto tra i cosiddetti “costi della politica”;

constatata la proliferazione di pubblicazioni periodiche prodotte e distribuite in modo apparentemente scoordinato dai vari assessorati, dando l’impressione che non esista un indirizzo omogeneo nella strategia di comunicazione della Giunta;

ritenendo che l’ufficio stampa della Presidenza della Giunta sia dotato di risorse, professionalità e di una struttura articolata tale da garantire un’efficace comunicazione sull’operato del Governo;

constatata altresì l’esistenza di convenzioni e collaborazioni in essere con Agenzie di stampa esterne e altri operatori della comunicazione;

il sottoscritto Consigliere regionale Eddy Ottoz

interroga
il Presidente della Regione per conoscere

1) l’elenco completo di tutte le pubblicazioni periodiche prodotte dai singoli assessorati per la loro comunicazione a vario titolo (ad esempio Informatore Agricolo, Environnement, Panoramique ecc.) con indicazione della data di prima pubblicazione e la successiva periodicità;
2) l’indicazione, per ognuna, dei costi annui complessivi, nonché il dettaglio delle singole voci di costo con l’evidenza delle collaborazioni esterne e dei relativi costi;
3) l’elenco e la qualifica dei singoli addetti stampa o addetti ai rapporti esterni operanti nei singoli assessorati, i modi del loro inquadramento, nonché l’elenco delle convenzioni in essere stipulate all’esterno con agenzie di stampa e altri operatori dell’informazione;
4) se non ritiene che quanto evidenziato in premessa si traduca in duplicazioni e diseconomie, in sostanza in un considerevole aumento dei costi per la comunità.

10/1/2008 - due iniziative due: la seconda

Aosta, 10 gennaio 2008
Interpellanza

Preso atto della pubblicazione da parte dell’ISTAT, in data 3 gennaio, dei dati relativi ai conti regionali, utili per disaggregare e comprendere meglio il significato dell’aumento dell1,9% del Pil nazionale nel 2006 (solo +1,6% per la Valle d’Aosta);

considerando l’importanza del dato della produttività, ossia il rapporto tra valore aggiunto e unità di lavoro assorbite nell’anno dal mercato, il cui aumento nel 2006 a livello nazionale è stato nullo, a fronte di uno 0,4% di crescita nell’anno precedente;

constatato che, disaggregando il dato per regioni, a fronte del +0,9% delle Marche, del +0,8% della Campania, +0,7% del Friuli Venezia Giulia, del +0,6% del Veneto e + 0,5% di Trento e Bolzano, la Valle d’Aosta ha visto un calo dello 0,5% della propria produttività (già calata dell’1% nel 2005);

rammentando che il calo di produttività in presenza del Pil in crescita significa un aumento del numero degli addetti a fronte di una minore produttività per addetto;
tenuto conto
- che il monte dei salari pagati nel comparto pubblico è compreso nel computo del Pil e contribuisce perciò alla sua crescita secondo la normale dinamica contrattuale e sindacale, indipendentemente dalla quantità e qualità di servizi forniti;
- che gli immigrati extracomunitari con regolare permesso di soggiorno contribuiscono al Pil in misura più che proporzionale al loro peso sulla popolazione totale;
- che un’importante realtà industriale come la Cogne SpA ha avuto risultati eccellenti nel 2006 sia sul piano dei risultati di bilancio che della produttività;
- che il contributo al Pil e alla produttività regionale della CVA SpA, stante la dinamica dei prezzi dei combustibili fossili, è notevolmente cresciuto;
sottolineato che tutti i fattori elencati nel punto precedente hanno contribuito nel 2006 ad un aumento della produttività regionale, facendo legittimamente presumere che altri comparti soffrano cali di produttività talmente più gravi da ribaltare il dato generale fino a renderlo negativo;

il sottoscritto Consigliere regionale Eddy Ottoz

interpella
l’assessore delegato per conoscere

1) quale sia il contributo al Pil del comparto pubblico regionale, e quale sia stata la sua variazione nel 2006;
2) quale sia il contributo al Pil regionale delle società controllate e partecipate, direttamente o indirettamente, dalla Regione e dagli EE.LL, disaggregando CVA e Deval;
3) sulla base degli strumenti di osservazione, vigilanza e monitoraggio dell’attività economica di cui l’Assessorato dispone, quali comparti di debolezza si siano evidenziati, pubblici o privati, nei quali la produttività sia calata al punto di rendere negativo il dato generale;
4) quali siano le iniziative immediate e strategiche ipotizzate e adottate dalla Giunta per invertire questa preoccupante tendenza.

mercoledì 21 novembre 2007

referendum: analisi in aula

Il dibattito di stamane sui risultati del referendum ha avuto toni a momenti accesi , a momenti pacati. Chi si è tolto qualche sassolino dalle scarpe, chi ha recitato la trita liturgia del generale "abbiamo vinto noi". Accuse e controaccuse, tutto il bazar.
Mi sono sforzato di tenere un tono misurato ma sans cadeaux, come ho imparato a Québec, nella riserva degli Huroni, dove il merlo indiano del gran capo Max Gros-Louis ripeteva ai turisti che chiedevano sconti sui ricordini: "pas d' cadeaux, pas d' cadeaux..."

"Avrei preferito una campagna più civile prima del voto, e un dibattito più sereno oggi in aula. Forse le asprezze di questa discussione sono il prodotto di quanto avvenuto negli ultimi giorni di campagna referendaria, una sorta di azione-reazione. Misura nello scontro politico, misura nell’analisi, serenità nei commenti, questo sarebbe stato auspicabile.
Va detto innanzi tutto chiaramente che i referendari hanno perso. Che hanno perso sonoramente, e che, lasciatemelo dire da sportivo, stanno dimostrando di non saper perdere. Le dimensioni della loro sconfitta fanno però ritenere che avrebbero perso anche senza la forsennata campagna per l’astensione. Qualora la maggioranza avesse condotto una seria campagna su “come” votare (ma votare), i referendari avrebbero forse comunque perso.
Ossia, impostando una campagna a favore delle proprie tesi e invitando gli elettori a votare contro le proposte dei referendari, la maggioranza avrebbe probabilmente vinto lo stesso.
Resterebbe da analizzare la distribuzione di quel 72% di elettori che non si sono recati alle urne, suddividendoli tra non-voto fisiologico, non-voto convinto, non-voto di precauzione... ecc., ma la sconfitta rimane nitida e secca.
La pasticciata ansia per il tutto e subito, la complessità delle due proposte sull’elezione diretta e le alleanze, non esente da una certa sofisticata altezzosità intellettuale, - che le ha rese incomprensibili alla gente, oltre che facilmente confutabili, - sono state l’inconsapevole errore che, a posteriori, ci fa dire che avrebbe potuto essere evitata la figuraccia di invitare la gente a non votare. Sarebbe stata sufficiente una maggiore fiducia nella solidità e bontà delle proprie argomentazioni.
La battaglia del referendum è stata vinta, ma la brutta figura di avere invitato la gente a non votare lascerà il segno. Si è trattato in fondo di un caso di eccesso di legittima difesa: la forza dell’avversario era stata sopravvalutata.
Personalmente non ho cambiato idea. Votare è un diritto-dovere.
Prendo atto che per molti l’obiettivo è vincere a qualsiasi costo, utilizzando anche strumenti giuridicamente legittimi - per carità - ma discutibili. Preferisco l’etica e i fondamenti della democrazia. Lascio ad altri l’invito al non-voto.

Se invece l’obiettivo è convincere la maggioranza degli elettori della bontà e/o superiorità delle proprie tesi, è meglio combattere a volto scoperto, senza spezzare la matita di nessuno.
L’immagine della matita spezzata resterà una delle più brutte pagine di questi anni: che sia servita per vincere non è una giustificazione sufficiente.
Se però, per di più, non era indispensabile, sarà un boomerang.
La vita è una foresta di simboli. Quelli positivi, se non si riconoscono, si calpestano. Quelli negativi, i peggiori, campeggiano inequivocabili. Auguriamoci che la matita spezzata non diventi l’icona, il simbolo di una democrazia spezzata.
Due considerazioni finali sul quorum, un’anomalia tutta italiana:
- Il quorum assegna un vantaggio asimmetrico, attribuendo ai contrari la percentuale fisiologica di chi non voterebbe comunque (che pesa il doppio in un sistema che complementa a 100), e viola perciò la par condicio.
- Il quorum uccide il dibattito politico, poiché sposta lo scontro su voto/non-voto e distoglie gli elettori dal merito e dalla sostanza dei quesiti o delle proposte.
- Il quorum impedisce la segretezza del voto: chiedendo agli elettori di non votare, diventa facile verificare chi ha votato e, comunque abbia votato, ha comunque disobbedito.
Concludendo, verificato nei risultati che l’elettorato è più maturo di quanto gli stessi fautori dell'astensione avessero ritenuto, esorto il Consiglio a non modificare la legge istitutiva del referendum propositivo se non per abolire il quorum, ribilanciando, magari, il numero di firme necessarie per indire un referendum."

21 novembre 2007: casa delle libertà

Odierna dichiarazione in Consiglio:

"Ingenti risorse, in gran parte derivanti dal riparto fiscale, hanno assicurato nell’ultimo quarto di secolo alla nostra comunità un diffuso benessere. Irritando l’allora presidente Vierin, lo definii dieci anni fa “socialismo reale che funziona”.

Una Regione autonoma a contributo speciale, dove difettano però gli stimoli ad eccellere. L’eccellenza e il merito sono quasi sospetti, raramente premiati.
L’agonismo fa male, quello sociale ed economico, poi… è anatema.
In una terra che fa del turismo la sua bandiera, con oltre cinquantamila posti letto di vario genere sul territorio, solo cinque giovani - notizia di due settimane fa - sono disponibili a frequentare un corso di laurea in turismo.
E’ questa la nostra tensione all’eccellenza…?

Una fastidiosa opacità impedisce di distinguere fra tasse e imposte. Impera la progressività strisciante di tasse occulte. Misteriosi indici di reddito, padri e figli di enigmistici moduli, scandiscono e propagano i loro effetti su tutti i settori della vita dei valdostani, dalla sanità alla scuola ai trasporti, dall’asilo nido al mutuo prima casa.
Manca qualcosa, poco o tanto, all’appello finale per la remunerazione dei servizi?
No problem, lo mette mamma Regione.
Le compte est bon.

Ciò ha progressivamente portato ad una minore flessibilità di bilancio. I vincoli di destinazione, compresi quelli politici, sono inoltre aggravati dalla rigidità ormai strutturale dei bilanci degli enti locali. Dopo la riforma della finanza locale, pur disponendo di risorse ingenti come mai in passato, ai comuni restano solo quote risibili per gli investimenti.
Ecco allora arrivare di nuovo in soccorso la Regione: un circuito vizioso di cui non si vede la fine.
Oggi però il futuro, le prospettive economiche preoccupano: petrolio alle stelle, euro che penalizza le esportazioni. Si affloscia la bolla dei mutui sub-prime che propaga la crisi fino alle nostre borse, la Cina e l'India galoppano e risucchiano materie prime, spingendo i loro prezzi alle stelle.
Stati Uniti in pre-recessione, Europa che arranca su ritmi di crescita a dir poco gracili.
Italia che in Europa è il fanalino di coda: crescita del pil rivista al ribasso (1,6%), parallelo aumento del 3,6% del fabbisogno del settore pubblico, pressione fiscale alle stelle.
Scoperto in questi giorni un secondo tesoretto. Non preoccupatevi: sprecheremo anche questo. Risarcimento sociale, la stampella di un governo che ha riscoperto l’odio di classe.
Ultima per crescita in Europa l’Italia, addirittura sotto la media nazionale la Valle d’Aosta (dati Bankitalia).

Le nostre contraddizioni sono sotto gli occhi di tutti. Sul lato del welfare si chiede “più regione e meno pigione”, ai politici “più contributi e meno attributi”. Gli industriali chiedono “meno spesa e più impresa”, ma anche “più infrastrutture mirate e meno spalmature concertate” e infine “più progettualità e più produttività”.

I cittadini chiedono minori costi e minore invadenza della politica.

In sintesi, perché l’economia riparta davvero, servirebbe “meno regione e più ragione”.
Urge sburocratizzare e semplificare, ma il sistema è incartato. Oltre alle contraddizioni interne, pesa l’effetto del difficile momento che il paese attraversa. Il vento dell’antipolitica soffia gelido fin da noi. Ma la politica valdostana - lo dimostra la vicenda dei referendum - è bloccata, stenta a rinnovarsi, ad innescare quel processo di ricambio che risponda alle richieste della gente.

Pesano antiche pregiudiziali, viviamo una democrazia incompiuta. Nel 1989, con la caduta del muro, si è chiuso il “secolo breve”, come l’ha definito Eric Hobsbawm. Sono cadute le ragioni geo-politiche che in Italia avevano imposto sino ad allora un sistema, parafrasando Thomas Gresham, di “bipolarismo zoppo”.
Solo dopo l’89 il nostro paese si è incamminato verso il bipolarismo dell’alternanza.
Il Paese, ma non la Valle d’Aosta.
Questo era il vero tema dei referendum. La consapevolezza dei cittadini che l’era del “per sempre al governo” ha perso senso. Prima o poi tocca un giro anche agli altri.
In tutti i partiti o movimenti, nessuno escluso, ciò farebbe crescere a turno la cultura del buon governo e della buona opposizione.
Nel resto del Paese il bipolarismo non è certo ancora compiuto, anzi, sta già sterzando proprio in questi giorni verso una bipolarizzazione proporzionale alla tedesca con sbarramento. L’alternanza resta però l’obiettivo finale, un tema su cui la gente sta più avanti della sua classe politica. Non si torna indietro.

Questa officina, questo laboratorio della politica, è stato sinora impossibile in un sistema come il nostro, nel quale tutti gli autonomisti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.
E alcuni, purtroppo, meno degli altri.
La guerra è finita da oltre cinquant’anni, ma qui l’orologio della storia in un certo senso si è fermato. Direbbe Charles Baudelaire che, sotto sotto, questa terra soffre ancora della “grande maladie, l’horreur de la non gauche”.

L’autonomia è un fatto ormai compiuto, i suoi valori sono in quest'aula da tutti condivisi incondizionatamente. Su essa dobbiamo vigilare, certo, senza mai abbassare la guardia, affinarla, ma la gara a chi è più autonomista non ha più senso. In questo Consiglio tutti sono autonomisti, quale che sia la loro storia e provenienza. Lo hanno dimostrato in tutti questi anni in aula, in commissione, nei rapporti con i loro referenti a Roma e a Bruxelles.
L’autonomia è il fondamento della nostra Regione, del quale oggi dobbiamo arricchire i valori storici con l’aiuto di tutti, con nuovi significati, al passo con la dinamica e l’evoluzione della Valle d’Aosta, dell’Italia e dell’Europa.
Sono profondamente convinto che, per il bene di tutti i valdostani, che vivono e lavorano in questa nostra terra, su queste nostre montagne, a tutte le componenti politiche presenti in quest’aula vada ormai riconosciuta pari dignità etica e morale, poiché tutte si riconoscono senza riserve nei valori fondanti della nostra autonomia.
Smettiamola di distribuire brevetti morali o di pretendere pedigree. Consegniamo il peccato originale alla storia, entriamo finalmente nel nuovo millennio.
Abbiamo bisogno di tutti.
L’autonomia deve oggi potersi esprimere come democrazia compiuta, dove tutte le istanze si misurino con pari dignità. Un’autonomia che non rifiuti i valori dell’alternanza, anzi li riconosca come strumento di crescita di tutta la società valdostana.
Un’autonomia finalmente libera da stantie pregiudiziali, sia contro la sinistra che contro la destra, nella quale gli elettori possano realmente partecipare e decidere, sapendo che le loro scelte saranno poi rispettate.
Un’autonomia dell’eguaglianza, non dell’egualitarismo, del lavoro e non solo del posto di lavoro, dove ognuno sia valutato e progredisca secondo i meriti acquisiti sul campo, dove si rivendichino diritti essendo consapevoli dei propri doveri. Dove si abbandoni il diciotto politico come regola universale. Dove si trovi il giusto punto d’equilibrio tra interesse collettivo e libertà individuale.

Per queste ragioni, per contribuire al superamento dei pregiudizi che ancora bloccano la partecipazione di tutti con pari dignità al dialogo politico in Valle d’Aosta, ho deciso di aderire al gruppo della Casa delle Libertà, impegnandomi per la realizzazione di un sistema delle alternanze in grado di aggiungere nuovi valori alla nostra autonomia e alla nostra democrazia.
L’augurio è che in questo momento difficile, con tanti problemi all’orizzonte, nel rispetto dei ruoli di ognuno, lavoriamo tutti per portare la Valle d’Aosta fuori dalle secche di uno dei periodi più complessi degli ultimi decenni. Lo dobbiamo ai valdostani.

E’ il momento di dimostrare la nostra “specialità”.
Specialità che è anche responsabilità di essere migliori.
Stiamo meglio”, ma “siamo meglio”?
Questo dobbiamo chiederci, su questo impegnarci.
Ogni giorno difendere l’autonomia, ma ogni giorno meritarcela."

sabato 29 settembre 2007

alla ricerca della palestra perduta


I branchi di studenti e insegnanti che ogni giorno si aggirano per le vie di Aosta, non stanno partecipando a un campionato di orienteering, cercano semplicemente di raggiungere in tempo la palestra di un'altra scuola, non avendola nella propria. Tutto ciò crea disagio e lamentele.

Cliccando ai lati trovate le due paginette di una mia interpellanza in proposito, all'ordine del giorno del prossimo Consiglio regionale.

mercoledì 25 luglio 2007

25 luglio 2007

Dichiarazione in Consiglio:
Le circostanze per le quali poco più di un anno fa sono rientrato in Consiglio potrebbero continuare ad essere considerate fortuite, se non fossero un punto di passaggio importante di una fitta sequenza di istanze e avvenimenti che in questi ultimi tempi hanno fatto irruzione nella società e sulla scena politica della nostra Regione.
Sotto la spinta di accadimenti esterni e della maturazione di problemi e talora contraddizioni assistiamo ad una brusca accelerazione del dibattito politico, alimentata – tra l’altro – in quest’ultimo periodo dall’approssimarsi della naturale scadenza della legislatura, ma soprattutto dal fatto che sulla rotta che conduce alle elezioni regionali della prossima estate dovremo attraversare l’infido e tempestoso stretto di Magellano dei referendum.

- Ricostituzione dell’asse franco-tedesco;
- crollo verticale dell’immagine della classe politica con l’esplosione del bubbone dei costi che essa fa gravare sulla comunità;
- referendum.

Ecco tre temi squisitamente politici, rispettivamente sul piano europeo, nazionale e regionale, che solo quindici mesi fa neppure si ponevano e che stanno modificando sostanzialmente le regole di funzionamento della nostra comunità.
I nuovi scenari europei impongono una riflessione anche in Valle. L’autonomismo francofono non può essere fine a se stesso, deve trovare nuove ragioni e margini in un’Europa di cui l’Italia è solo una componente, e neppure di primo piano. L’asse est-ovest deve confrontarsi ormai costantemente con quello nord-sud e occorre ridisegnare il futuro sapendo cogliere le novità che arrivano da chi ci è vicino.
La vittoria di Sarkozy in Francia ha evidenziato come la vecchia distinzione destra-sinistra sia ormai obsoleta. Si è scritto recentemente: “I francesi hanno capito e lo hanno votato. Hanno eletto a stragrande maggioranza un candidato della destra che si è presentato in quanto tale, ed ha parlato senza complessi, senza doversi far perdonare di essere di destra fingendo di essere di sinistra…”. La scelta di Sarkozy e la conseguente vittoria nasce su progetti forti e alleanze concrete, senza spaventarsi di fronte a temi come i pacs-dico o l’ordine pubblico.
La sua parola d’ordine è stata rupture, frattura netta con il passato, una sorta d’elogio della discontinuità. Il suo programma elettorale - ma ancor più quanto ha saputo fare e sta facendo all’inizio del suo mandato - può dare un’idea reale di ciò che i paesi di tradizione francese e francofona possono rappresentare per l’Europa. Il mondo cattolico francese si è riconosciuto in un disegno che nell’ambito della tolleranza e della multiculturalità non riduce la componente cattolica, ma ne rivendica storia, tradizione e potenzialità.

La rivolta contro i costi della politica è il sintomo più evidente del momento di crisi che vive la politica in Italia. E’ sufficiente ricordare le 400.000 copie vendute in pochi giorni dal libro “La Casta” di Rizzo e Stella per capire come i cittadini, con i loro problemi quotidiani, si allontanino e siano sempre meno disponibili ad accettare privilegi e gestione del potere che spesso sono tutto meno che cosa pubblica. Non a caso un politico dalle antenne sensibili come Massimo D’Alema ha dato, purtroppo in extremis, l’allarme sulla marea montante della sfiducia degli italiani nella politica e sulla necessità di nuove regole e riforme, che la classe politica purtroppo non sembra in grado di darsi di propria iniziativa, mentre l’orchestra del Titanic continua a suonare.

E’ sempre stato così: in Valle d'Aosta tutto - il buono e il cattivo - arriva sempre con un certo ritardo rispetto al resto del Paese, con effetti smorzati, attutiti. Questa volta però, proprio mentre arriva tardi quanto è già successo nella politica nazionale anni fa, nel resto d’Italia sta succedendo di nuovo, e i fenomeni si sommano rendendo per noi la miscela più esplosiva.
La sensazione, in Valle come nel resto del Paese, è che i cittadini, la gente, siano più avanti della politica. La richiesta di chiarezza nelle proposte e nelle scelte, il sapere se si andrà di qua o di là, se si farà questo o quello, spinge naturalmente, come nel resto d’Europa, verso un ineludibile bipolarismo, dal quale, come ho già detto in questo Consiglio, non può essere amputata l’alternanza, quella che molta parte della classe politica italiana, avanti negli anni e indietro nelle idee, considera eresia. Kennedy, Clinton, Blair, Merkel, Sarkozy sono diventati capi di governo ad un’età alla quale da noi si è ancora considerati inesperti mocciosi, per non dire di chi, tra loro, a poco più di trent’anni era già ministro.

Viviamo intanto in Valle d'Aosta la mancata metabolizzazione, una paradossale rimozione del risultato elettorale di aprile 2006, quasi che nulla fosse avvenuto, e quasi che questo esito non debba proiettare alcun effetto sulle elezioni regionali dell’anno prossimo. Una situazione, mi si passi il termine, un po’ kafkiana.

Infine i referendum. L’ho dichiarato in tutte le sedi, senza equivoci: una cosa è il quesito sul quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi, altra cosa è l’istituto del referendum e l’esercizio del voto. E’ ovviamente legittimo sfruttare il vantaggio dell’esistenza del quorum a favore della propria tesi esortando i propri elettori all’astensione. E’ una scelta pragmatica, per carità…! Essa sfrutta però un’asimmetria e una diseguaglianza tra le due parti in campo, regalando agli astensionisti tutti i voti di chi, fisiologicamente, non andrebbe a comunque votare. La considero, se mi è permessa la metafora, una forma di doping della politica, e sono sempre stato contrario al doping.

Tutto ciò mi fa ritenere necessario un passo indietro e una pausa di riflessione serena e più autonoma sui nodi politici che in questo periodo imbrigliano la nostra regione. Ho perciò maturato a malincuore la non facile - credetemi - decisione di uscire dal Gruppo dell’Union Valdôtaine e di aderire al Gruppo misto, chiamandomi fuori di un contesto in cui mi sono talora riconosciuto con difficoltà e a cui ho comunque cercato di dare tutto quanto ho potuto. Ho sempre cercato di essere corretto senza rinunciare alla responsabilità d’eletto che deve rappresentare tutto l’elettorato e non solo i suoi voti pochi o tanti che siano.
E’ certamente un mio limite ma credo che la scelta di lasciare il gruppo da non iscritto all’UV ma restandole amico, se me lo consentirà - amico molto più fedele e corretto di quanti l’hanno sfruttata e la sfruttano per fini personali - questa scelta, dicevo, non è più rinviabile.
Probabilmente essa non ha un gran futuro nel senso che danno a questa parola i professionisti della politica. Non importa. Spero però che possa rappresentare un segnale d’attenzione al nuovo che anche in Valle deve arrivare e che in Francia con il successo di Sarkozy ha avuto l’evidenza che merita. Rileggere il suo programma in chiave di una rupture valdostana, analizzare i percorsi dei suoi primi mesi di governo, nei limiti ovviamente della nostra petite patrie, può rappresentare una nuova rotta che m’impegno - per quanto so e posso - a portare avanti.

Queste mie considerazioni hanno valenza strettamente politica e in nulla intaccano la mia fiducia nel programma e nell’azione amministrativa del Presidente Luciano Caveri e di tutti i suoi Assessori. Il mio leale sostegno alla maggioranza non è qui in discussione.
Caveri e la sua Giunta meritano questo sostegno in un momento nel quale, proprio a causa dei sussulti e delle fibrillazioni della società valdostana che dicevo, assistiamo alla costante sottovalutazione mediatica di ogni risultato positivo e all’amplificazione oltre misura di ogni aspetto che si presti alla sia pur minima analisi critica. Un esempio per tutti è l’acquisto del Grand Hotel Billia, che in altri tempi sarebbe stato giustamente salutato come epocale. Ce ne sarebbero tanti altri. Va riconosciuto che la Giunta opera in un contesto mediatico molto difficile e assai poco gratificante.
Concludo ringraziando i colleghi del Gruppo dell’UV per la possibilità che mi hanno offerto in tutti questi mesi di partecipare ad un dibattito politico franco e fruttuoso.
Grazie a tutti loro.

Eddy Ottoz